Nel 2012 a San Vito dei Normanni, nel brindisino, il Sindaco aveva emanato un’ordinanza per vietare di sfamare gli animali randagi, dietro una relazione dell’Asl locale, che denunciava “un aumento dell’imbrattamento del suolo pubblico con conseguente aumentato rischio di trasmissione di infezioni da ecto ed endoparassiti alla popolazione”. L’esito della questione era chiaro: “è fatto divieto nel perimetro urbano di somministrare cibo ad animali vaganti sul territorio”.
I cittadini non accettarono la decisione, facendo ricorso tramite le associazioni animaliste “Lega per l’abolizione della caccia” e “Earth” direttamente al Tar di Lecce, il quale ha accolto il ricorso promosso.
I giudici amministrativi hanno ritenuto priva di fondamento la dichiarazione dell’Asl, che non aveva mai apportato alcuna prova reale e verificabile; inoltre, non esiste nel nostro ordinamento alcuna norma di legge che vieti di alimentare gli animali randagi. D’altro canto l’ordinanza in questione si pone in contrasto con la normativa nazionale, Legge 14 agosto 1991, n.281, “Legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo” , la quale prevede quattro misure che vanno in questa direzione: oltre al già menzionato controllo della riproduzione (che consentirebbe di proteggere i randagi dal rischio di malattie), lo sviluppo dell’anagrafe canina, l’educazione del rapporto uomo-animale e dei proprietari di animali (anche attraverso l’informazione diffusa dai veterinari), e la previsione di sanzioni amministrative e penali contro atti illeciti nei confronti degli animali
L’Asl, come enuncia la normativa, è tenuta a controllare le nascite di cani e gatti randagi, incentivando le sterilizzazioni gratuite, e assolutamente mai sopprimendo gli animali che non siano “gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosità”. Sempre secondo la Legge, inoltre, “gli enti e le associazioni protezionistiche possono, d’intesa con le unità sanitarie locali, avere in gestione le colonie di gatti che vivono in libertà, assicurandone la cura della salute e le condizioni di sopravvivenza”. E da cosa dipende, più che da ogni altro aspetto, la sopravvivenza? Proprio dal mangiare e dal bere.
Una situazione spiacevole che può verificarsi in alcuni casi, inoltre, è che i Vigili Urbani decidano di multarci perché stiamo “imbrattando” il suolo pubblico, sfamando un randagio. Conoscendo le normative e considerando quello che è capitato in altri posti d’Italia, è un nostro diritto quello di far presente al Vigile che non stiamo violando alcuna normativa, a meno che non sia stata emanata una specifica ordinanza da parte del Sindaco.
Se invece è già presente un’ordinanza sindacale, possiamo affidarci alle numerose associazioni attive nel settore animalista, come è successo negli esempi citati in questo articolo.
In conclusione, possiamo quindi posizionare delle ciotole d’acqua o del cibo da lasciare a disposizione degli animali, ricordandoci però di appellarci anche al nostro buonsenso. L’acqua non sporca, ma il cibo si, per cui cerchiamo di pulire non appena l’animale ha finito di ristorarsi.