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SMARTWORKING, LA NUOVA FRONTIERA DEL LAVORO

28/03/2018 / L'esperto risponde

La necessità di consentire al lavoratore di ottimizzare i tempi e i costi della propria prestazione professionale, conciliandola con esigenze dettate dall’età o da contingenze familiari e, al tempo stesso, di consentire all’azienda di risparmiare sull’utilizzo degli ambienti di lavoro ha dato origine allo “smartworking” o “lavoro agile”. La legge di riferimento “Misure per la tutela del lavoro autonomo non imprenditoriale e misure volte a favorire l'articolazione flessibile nei tempi e nei luoghi del lavoro subordinato” è stata approvata nel 2017 (n. 81 del 22 maggio 2017): il testo normativo di riferimento stabilisce che lo smartworking è una prestazione resa in modalità “agile” che avviene in parte all'interno di locali aziendali e in parte all'esterno senza una postazione fissa, entro i soli limiti di durata massima dell'orario di lavoro giornaliero e settimanale, derivanti dalla legge e dalla contrattazione collettiva. Il lavoratore, dal canto suo, “ha diritto ad un trattamento economico e normativo non inferiore a quello complessivamente applicato, in attuazione dei contratti collettivi di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81, nei confronti dei lavoratori che svolgono le medesime mansioni esclusivamente all’interno dell’azienda”. In concreto, lo smartworking prevede che: il lavoro si possa effettuare da remoto, con una postazione di lavoro mobile, le comunicazioni con il personale avvengano in tempo reale tramite chat, videochiamate e strumenti simili come l’utilizzo di email, gruppi aziendali e così via. La differenza sostanziale risiede nel fatto che il lavoro viene valutato in base al raggiungimento di obiettivi nei tempi previsti e che la prestazione professionale può essere erogata in qualsiasi orario. Tra i vantaggi si segnala l’elasticità nella gestione del tempo, l’eliminazione dei tempi morti nonché la significativa riduzione dello stress. Tuttavia non vanno sottovalutati gli aspetti negativi dello smartworking come l’assenza di confronto con i colleghi, l’esclusione dalle dinamiche aziendali e le possibilità di carriera senza tralasciare il rischio – che ricade in parte proprio sull’abilità del lavoratore – che si perda il limite tra lavoro e vita privata. Altri aspetti possono riguardare anche l’assenza di una postazione di lavoro adeguata, basti pensare alle strumentazioni informatiche di un’azienda che indubbiamente non corrispondono a quelle disponibili presso l’abitazione privata del lavoratore: in questo caso, sarà compito dell’azienda mettere il lavoratore nella condizione ottimale anche dal punto di vista della strumentazione tecnica. La strumentazione è il discriminante per la possibilità a svolgere il lavoro agile: è evidente che questa modalità lavorativa è idonea solo per quelle mansioni che non abbiano necessità di una strumentazione particolare in dotazione presso l’azienda. Il paradosso? Lo smartworking, idealizzato come lavoro agile e flessibile, potrebbe portare il lavoratore ad essere impegnato per molte più ore rispetto al lavoratore interno, rendendo difficile la quantizzazione delle ore di straordinario nonché l’erogazione degli incentivi legati alla produttività.

a cura del

Rag. Luca Zichella