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STRAGE DI CAPACI

23/05/2019 / Sociale e Società

«A questa città vorrei dire: gli uomini passano, le ideerestano, restano le loro tensioni morali, continueranno a camminare sulle gambedi altri uomini». Una sorta di testamento spirituale che GiovanniFalcone lascia alla sua Palermo e a chiunque scelga di offrire le propriegambe a quelle idee, per cui lui ha speso tutta una vita. La feroce vendettadella mafia non riuscirà a cancellare il suo alto esempio di difensore dellalegalità e di umile servitore dello Stato.

La sensazione di essere tra i principali bersagli della criminalità organizzatanon ha mai abbandonato il giudice palermitano, da quando nel dicembre 1987 eraarrivato a sentenza il primo maxiprocesso a "Cosa Nostra", cheaveva portato alla condanna di 360 imputati, tra affiliati e pericolosi bosslatitanti. Un risultato ottenuto con anni di indagini condotte da lui e daglialtri componenti del pool antimafia. A fare terra bruciata attorno a lui non èsolo la mafia, bensì gli stessi ambienti giudiziari.

L’idea di creare poi con il Ministro di Grazia e Giustizia ClaudioMartelli la Superprocura antimafia provoca una spaccatura nellamagistratura tra favorevoli e contrari e su ordine del capo della cupola, alsecolo Totò Riina, viene progettato, per il febbraio del 1992, un blitzarmato a Roma contro il magistrato e il ministro Martelli, concepito anche permandare un forte segnale allo Stato. Il progetto viene rimandato perché nelfrattempo maturano i presupposti per un altro assassinio: quello del deputatoDC Salvo Lima, ucciso il 12 marzo 1992.


Poco più di due mesi dopo si materializza un disegno criminale, tra i piùefferati della storia repubblicana. Sabato 23 maggio alle 17.40, Falcone e lamoglie, Francesca Morvillo, atterrano all'aeroporto palermitano di PuntaRaisi. Da qui proseguono a bordo di tre Fiat Croma blindate, su una dellequali si mette alla guida lo stesso magistrato con accanto la moglie, scortatadalle altre due con dentro sei agenti.

Pochi minuti dopo aver imboccato l'autostrada A29, nelle vicinanze dell'uscitadi Capaci, una mano assassina aziona con un radiocomando a distanza 500chilogrammi di esplosivo, nascosti in un tombino dell’autostrada. Lelancette dell'orologio segnano le 17,56 quando l'istituto di Geofisica registrala tremenda esplosione. Lo scenario èagghiacciante; c'è un’enorme voragine e catapultata a cinque metri di distanzac'è l'auto di testa della scorta, con dentro i corpi senza vita degli agentiAntonio Montinaro, Rocco Di Cillo e Vito Schifani. Spezzata in due, invece, l'auto con la coppia che, ancora in vita,viene trasportata d'urgenza all'Ospedale civico di Palermo. Qui dopo quasi dueore di agonia si spegne Falcone e tre ore più tardi sua moglie Francesca. Se lacavano con ferite e traumi gli altri tre agenti e alcune persone che si sonotrovavano a passare lì in quel momento.


Un'intercettazione telefonica metterà subito gli inquirenti sulla buona strada,nella ricerca di mandanti ed esecutori, individuati in Bernardo Brusca,Bernardo Provenzano e Totò Riina. Nel 2012 sarà arrestato il pescatore CosimoD'Amato, con l'accusa di aver procurato il tritolo utilizzato per ladetonazione, ricavandolo da ordigni bellici della Seconda guerra mondialerecuperati sui fondali marini della Sicilia.


Fonte: www.mondi.it/almanacco/voce/902001